OMEOPATIA E MEDICINE TRADIZIONALI, LO SCONTRO INFINITO
In merito al documento approvato lo scorso marzo dal Comitato Nazionale di Bioetica, l’APO richiama l’attenzione su alcune macroscopiche incongruità e contraddizioni del documento in questione che ne rivelano la sottesa finalità di svalutare ogni terapia diversa da quella tradizionale.

L’Associazione Pazienti Omeopatici – APO, nata nel 1991 per tutelare gli interessi di coloro che dal trattamento omeopatico hanno ricavato e ricavano beneficio – non può fare a meno di commentare il documento approvato dal Comitato Nazionale di Bioetica nella seduta del 18 marzo 2005. Documento che, sotto le apparenze di un’apertura verso le cosiddette Medicine non Convenzionali, alla luce dei principi di libertà di scelta terapeutica del paziente e di libertà di cura del medico, in realtà è pervaso dal convincimento che esista un unico protocollo terapeutico scientificamente valido, costituito dalla cosiddetta Medicina Convenzionale, mentre tutte le altre terapie (peraltro affastellate sotto la generica dizione di medicine “alternative” accomunandone, così, le profonde diversità di storia e di valenza scientifico-culturale) costituiscono una sorta di medicina di livello inferiore e di dubbia efficacia “tollerate”, al massimo, solo nell’ambito di patologie di lieve entità.

Lasciando ai medici cultori di Medicina Omeopatica la facoltà di contestare la pretesa assenza di fondamento scientifico di tale terapia, l’APO si limita a richiamare l’attenzione su alcune macroscopiche incongruità e contraddizioni del documento in questione che ne rivelano la sottesa finalità di svalutare ogni terapia diversa da quella tradizionale.

Non potendo negare l’evidenza che milioni di pazienti trovano beneficio nel ricorso alle medicine non convenzionali, tale beneficio è comunque degradato ad un effetto soggettivo sebbene la risoluzione o meno della malattia sia un dato incontestabile.

Mentre da un lato, giustamente, si ricorda l’obbligo per il medico di informare il paziente sui vantaggi e i rischi di un qualsiasi protocollo terapeutico, dall’altro si invitano i medici a ricordare che la cosiddetta Medicina Convenzionale è quella più diffusa in quanto dotata di un rigoroso statuto epistemologico. In altre parole, essi sono sollecitati a rendere edotti i pazienti sull’esistenza di una medicina di prima classe, quella ufficiale, e di una serie di altre terapie non prive di qualche efficacia, ma non fondate su una verifica scientifica.


In sostanza, si invita il medico non ad informare ma ad influenzare il paziente.
Se da un lato, dunque, si afferma il principio della libertà del medico nello scegliere, secondo scienza e coscienza, il protocollo terapeutico, da un altro si pretende che il medico omeopata debba in primis proporre al paziente di curarsi secondo la medicina convenzionale e poi, solo in caso di rifiuto espresso, di sottoporgli un protocollo alternativo.

Peraltro, se si ritiene diritto del paziente, adeguatamente informato, di curarsi con terapie non convenzionali, non si comprende perché egli debba sopportarne l’onere economico pur contribuendo, di fatto, a finanziare il Sistema Sanitario Nazionale. Il tutto in controtendenza rispetto a quanto avviene in altri Paesi europei (Francia, Germania, Belgio...) dove le cure omeopatiche vengono regolarmente praticate negli ospedali statali e rimborsate.

Ed ancora... Nonostante una norma del codice civile rimetta alla concorde volontà dei genitori o del tutore il compito di provvedere alla cura e all’educazione dei minori o degli “incapaci”, si tende tuttavia a negare la validità della scelta da parte di genitori o tutori di somministrare rimedi non convenzionali a tali soggetti.

Infine, non si comprende come la riconosciuta necessità di fornire programmi di insegnamento o di ricerca sulle Medicine non Convenzionali si possa conciliare con la tesi secondo la quale tale compito debba essere affidato a soggetti scelti con i criteri di reclutamento dei docenti universitari considerato che, per l’assenza a tutt’oggi di cattedre di Medicine non Convenzionali, questi finirebbero per essere selezionati tra gli studiosi della medicina convenzionale e, quindi, ovviamente inidonei a comprendere e a spiegare i protocolli terapeutici non convenzionali.

Nasce così il sospetto, più che legittimo, che non si voglia offrire ai futuri medici una gamma di scelte formative nell’ambito della scienza medica, ma solo mettere in guardia i futuri medici dal discostarsi dal modello convenzionale.

Sostanzialmente, dunque, il documento approvato dal Comitato Nazionale di Bioetica, sotto un’ apparente apertura, puramente verbale:

a) rivendica un fondamento scientifico alla sola Medicina Convenzionale elevandola, così, a Medicina di Stato;

b) riduce la pur doverosa informazione preventiva del paziente all’illustrazione di una mera scala gerarchica tra rimedi convenzionali e rimedi non convenzionali;

c) limita la legittima prescrizione medica di questi ultimi ai soli adulti, adeguatamente “allarmati”.

In conclusione, l’APO invita il Comitato Nazionale di Bioetica a fare opera utile sostenendo, con la sua autorevolezza, la regolamentazione e il riconoscimento di quelle medicine “alternative” che, come la Medicina omeopatica, vantano una solida tradizione e che sono praticate da medici abilitati; il tutto a vantaggio di un numero sempre crescente di pazienti.


APO - Associazione Pazienti Omeopatici
Riviera di Chiaia n. 207, 80121 – Napoli
Fax 081.40.57.96 – e-mail: info@apoitalia.it



(11/05/2005)